
Nella nostra esplorazione del mondo “sicurezza”, non possiamo non imbatterci nella conoscenza di quello che è un settore chiave per l’economia italiana: l’agricoltura. Qual è stato l’andamento infortunistico in questi anni? Cosa stiamo facendo per rendere i processi agricoli più sicuri per i lavoratori?
Un focus sul tema è stato riportato nell’ultimo numero di Dati Inail, curato dalla Consulenza statistico attuariale dell’Istituto, che teniamo come riferimento approfondire – con dati reali – la situazione sicurezza sul lavoro nel nostro Paese.
Per gli infortuni sul lavoro in agricoltura, settore che impiega almeno un milione di lavoratori, il trend è stato di calo costante nel quinquennio 2016-2020. Un ruolo importante l’ha avuto l’introduzione di tecnologie innovative nei processi di raccolta e lavorazione. “La flessione degli infortuni sul lavoro registrata nel settore agricolo lungo tutto il periodo è stata del 26,3%, da 36.199 casi nel 2016 a 26.696 nel 2020. – spiega il report – Anche escludendo l’ultimo anno, fortemente influenzato dalla chiusura delle attività dovuta al contenimento dei contagi da Covid-19, la diminuzione degli infortuni denunciati è stata dell’8,6%”.
Per quanto riguarda i casi mortali, è stato registrato invece un andamento “altalenante”. Sono stati riportati aumenti (rispetto agli anni precedenti) nel 2017 (+9,4%) e nel 2019 (+13,2%), mentre nel 2018 e nel 2020 la variazione degli incidenti mortali è stata del -7,4% e del -21,6%, registrando un complessivo calo del 10,1% nel quinquennio.
L’Emilia Romagna è la regione in cui si è verificato il maggior numero di infortuni (12,8%), seguita da Veneto (8,7%), Lombardia (8,6%), Toscana (8,5%) e Puglia (7,9%). Al primo posto, per quanto riguarda i casi mortali, la Puglia (12,8%), seguita da Emilia Romagna (12,0%), Piemonte (9,0%), Sicilia (8,6%), Lombardia (7,0%) e Toscana (6,8%). In ottica di genere, oltre l’80% degli infortuni in agricoltura ha coinvolto uomini.
La cultura della prevenzione ha però portato buoni risultati: “Nel 2017 – spiega l’Istituto – si è assistito a un calo del 10% delle malattie professionali protocollate rispetto all’anno precedente, da 12.500 a 11.200 casi, valore che si è mantenuto più o meno costante nei due anni successivi. Sul dato del 2020, anno in cui sono state denunciate 7.514 patologie lavoro-correlate, in diminuzione del 33% rispetto al 2019 e del 40% rispetto al 2016, come per gli infortuni hanno inciso le restrizioni per il contenimento della pandemia”. Più di tre quarti delle patologie professionali sono a carico del sistema osteo-muscolare e del tessuto connettivo, il 50% è relativo a malattie della colonna vertebrale mentre.
In agricoltura, nonostante la meccanizzazione di buona parte del lavoro, permane un’alta percentuale di lavoro manuale (sollevamento, trasporto, traino e la spinta di carichi, posture incongrue…), da cui la necessità di “prestare una particolare attenzione nella valutazione dei rischi e nella successiva pianificazione delle misure di prevenzione. La conoscenza puntuale dell’entità dei fattori di rischio, alla base dell’attività di riprogettazione ergonomica delle attività, è il passo fondamentale che guida le attività tecniche svolte dall’Inail, anche nell’ottica della valutazione dell’efficacia dei finanziamenti per il sostegno alle imprese e dei progetti per il reinserimento lavorativo delle persone con disabilità da lavoro” riporta in nota l’Inail e non possiamo che concordare sull’effettività di queste misure.
La prevenzione si rivela – i dati parlano – essenziale per tutelare anche questo settore produttivo, così importante per il nostro Paese, e tutti i suoi lavoratori. Un lavoro più sicuro è anche un lavoro più efficace, non dimentichiamolo mai.