
Dal 1° aprile importanti cambiamenti riguarderanno le misure di contrasto e contenimento e contenimento della diffusione del virus COVID-19 negli ambienti di lavoro. “Esprimo da subito il mio parere, per chi non avesse voglia di leggere l’intero articolo: I protocolli vanno allentati lentamente e non aboliti di colpo il 01 aprile” commenta il Presidente di Assoprevenzione, Vincenzo Fuccillo.
In relazione alla fine della “cogenza” dei protocolli condivisi di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus COVID-19 negli ambienti di lavoro fra il Governo e le parti sociali, vanno spiegati i vari passaggi.
“Il DPCM 2.3.21 – chiarisce il Presidente Fuccillo – rendeva “cogenti” gli accordi sindacali per un mese e poi di proroga in proroga fino al 31.03.22 (ultima proroga dal dl 221/21). Il DL 52/21 richiamava il DPCM 2.3.21 “salvo quanto diversamente disposto”: il DL 52 però è abrogato al 31.03.21.
Il 21.05.21 il Ministero saluta emetteva una serie di ordinanze per aggiornare i protocolli ma, oltre ad aggiornare il protocollo, al primo comma, ordinava: “Ai fini del contenimento della diffusione del virus Sars-Cov-2, tutte le attività produttive industriali e commerciali devono svolgersi nel rispetto del «Protocollo condiviso di aggiornamento delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus SARS-Cov-2/COVID-19 negli ambienti di lavoro», sottoscritto dal Governo e dalle parti sociali il 6 aprile 2021, che costituisce parte integrante della presente ordinanza”. Questo comma non aveva “scadenza” e nemmeno la stessa ordinanza, ma è accompagnato dal secondo comma che recita: “Il protocollo di cui al comma 1 aggiorna e sostituisce il documento recante «Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus COVID-19 negli ambienti di lavoro fra il Governo e le parti sociali», di cui all’articolo 4, comma 1, e relativo allegato 12 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 2 marzo 2021 (scaduto al 31.03.22), come richiamato dall’articolo 16 del decreto-legge 18 maggio 2021, n. 65 (abrogato dalla legge 17.06.21 n. 87)“.
E sulla non sanzionabilità del mancato protocollo aggiunge: “La mancata applicazione del protocollo veniva sanzionata ai sensi dell’articolo 4 del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35. L’art. 11 del DL 24.03.22 all’ultimo comma recita: “L’articolo 4 del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35,e l’articolo 2 del decreto-legge 16 maggio 2020, n. 33, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2020, n. 74, continuano a trovare applicazione nei casi in cui disposizioni vigenti facciano ad essi espresso rinvio”.
Ad oggi, non essendoci nessuna disposizione vigente (nota al sottoscritto) che faccia espresso rinvio si deduce che la mancata osservazione del protocollo non è sanzionabile.
Ricordiamo però che restano vigenti l’art. 29 bis del D.L 23/2020:
“Ai fini della tutela contro il rischio di contagio da COVID-19, i datori di lavoro pubblici e privati adempiono all’obbligo di cui all’articolo 2087 del codice civile mediante l’applicazione delle prescrizioni contenute nel protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del COVID-19 negli ambienti di lavoro, sottoscritto il 24 aprile 2020 tra il Governo e le parti sociali, e successive modificazioni e integrazioni, e negli altri protocolli e linee guida di cui all’articolo 1, comma 14, del decreto-legge 16 maggio 2020, n. 33, nonché mediante l’adozione e il mantenimento delle misure ivi previste. Qualora non trovino applicazione le predette prescrizioni, rilevano le misure contenute nei protocolli o accordi di settore stipulati dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale”
e l’art 42 del D.L. 18/2020:
“Nei casi accertati di infezione da coronavirus (SARS- CoV-2) in occasione di lavoro, il medico certificatore redige il consueto certificato di infortunio e lo invia telematicamente all’INAIL che assicura, ai sensi delle vigenti disposizioni, la relativa tutela dell’infortunato. Le prestazioni INAIL nei casi accertati di infezioni da coronavirus in occasione di lavoro sono erogate anche per il periodo di quarantena o di permanenza domiciliare fiduciaria dell’infortunato con la conseguente astensione dal lavoro. I predetti eventi infortunistici gravano sulla gestione assicurativa e non sono computati ai fini della determinazione dell’oscillazione del tasso medio per andamento infortunistico di cui agli articoli 19 e seguenti del Decreto Interministeriale 27 febbraio 2019. La presente disposizione si applica ai datori di lavoro pubblici e privati”.
“Appare dunque evidente – conclude il Presidente Fuccillo – che, sebbene si sia persa la “cogenza” dei protocolli condivisi, resta valido l’obbligo generale di tutela dei lavoratori che, ferma restante la considerazione che la pandemia sia un rischio esogeno rispetto al mondo del lavoro (salvo pochi casi), è sempre in capo al datore di lavoro e che, l’abolizione tout court del protocollo condiviso senza un valida alternativa potrebbe apparire come una omissione “colpevole””.